Vox di Christina Dalcher

Ero molto curiosa di leggere Vox il primo romanzo Christina Dalcher.

I romanzi accolti bene dalla critica che parlano di temi “politicamente corretti” possono essere belli, ma c’è anche il rischio che siano semplicemente brutti e aiutati nella fama da giudizi di ordine morale.

Ma partiamo dalla storia.

Vox la trama

La storia si ispira a piene mani al “Racconto dell’ancella” di Margaret Atwood.

Ma qui ci troviamo negli stati Uniti nel presente, solo pochi anni dopo l’elezione del primo presidente nero della storia…

Le idee cristiane integraliste si sono diffuse come un cancro all’interno di un paese frustrato da un’economia in recessione e dalla disoccupazione. Hanno trovato terreno fertile in un momento di sbandamento e sono sfociate nella volontà di tornare agli antichi valori della famiglia. Una famiglia in cui le donne sono sottomesse ai propri mariti e dedite esclusivamente ad accudire la casa ed i figli.

vox di cristina dalcher

In virtù di queste idee la protagonista del libro, la neurologa Jean McClellan, insieme a tutte le altre donne del paese è stata privata dei propri diritti civili e sottoposta alla potestà del marito. Se ciò non bastasse le donne sono state private anche del diritto alla libertà di parola.

Munite di uno speciale braccialetto/contatore possono pronunciare solo 100 parole al giorno. Al superamento del limite una scarica elettrica le rimette al loro posto.

Quando Jean viene richiamata a lavorare per aiutare il fratello del Presidente coinvolto in un incidente, si mette in moto un meccanismo che porterà alla speranza della liberazione.

Un libro che apre la strada a tante riflessioni

Vox si divide in due parti. Una prima parte in cui si esplora la tortura indicile inflitta alle donne. E poi una seconda parte molto più veloce, che a tratti sfocia nel giallo, e che porta poi alla conclusione del libro e lo rende godibile ai più.

Credo che a prescindere dalla sua validità narrativa un libro come questo apra la mente a tante riflessioni da cui spesso fuggiamo.

Primo fra tutti il pensiero che gli estremismi, purtroppo, finiscono sempre con l’essere la scappatoia più facile nei momenti di crisi. Individuare un nemico e combatterlo. Si tratti di donne, di immigrati, di gay. Combattere con odio un nemico suscita nelle masse un senso di sicurezza. Perché se sconfiggi quel nemico alla fine tornerà il benessere. Poco importa che sia un’illusione. La razza umana ha sempre bisogno di nemici.

Seconda riflessione. Noi donne siamo deboli ancora oggi. La parità non esiste. Anche l’uomo più progressista del mondo alla fine, in un angolino recondito del suo cervello, è comunque portato a pensare che il nostro posto è la casa. E vi sfido a dimostrarmi il contrario.

Infine l’impatto emotivo di questo libro è fortissimo perchè non si può fare a meno di pensare che quella che state leggendo è la storia vera che stanno vivendo alcune donne. Onestamente il mio pensiero è volato subito alle donne musulmane. Al burka. Alla disparità che vivono nei paesi arabi. Ma anche vicino a noi.

Vi racconto una storia.

Nel palazzo di fronte al mio vive una famiglia musulmana. Papà mamma e due bambini. La mamma non esce mai di casa. Ogni tanto la vedo affacciata all’unica finestra che da sulla strada. Imbacuccata nel suo velo rigorosamente nero che le fascia testa e collo. Con lo sguardo triste. Venuta in Italia per dare un’opportunità ai figli (credo) ma non certo a se stessa.

Non venite a raccontarmi che questo sia giusto, normale, o faccia parte della loro tradizione. La trovo una cosa terribile. E mi fermo qui perché potrei sproloquiare per ore divagando dal tema principale.

 

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