Come nascono i tortellini Fini
La settimana scorsa di buon ora sono partita alla volta di Modena per visitare la fabbrica dei tortellini Fini.
La Fini in realtà produce diversi formati di pasta fresca ma nel mio immaginario personale il loro nome è legato indissolubilmente al tortellino.
Del resto il mio non è poi un errore visto che i loro prodotti sono prevalentemente di tradizione emiliana, tradizione ed origini denunciate anche dall’ubicazione dello stabilimento produttivo.
Al riguardo spendo due parole di ordine economico/sociale che poco hanno a che vedere con il cibo.
La fabbrica originaria si trovava a Modena, ma negli ultimi anni si è venuta a creare la necessità di trasferirla. L’azienda invece di programmare “piani di fuga all’estero” (come ormai è triste prassi da noi) si è solo spostata in un paese limitrofo.
Il nuovo stabilimento si trova a Ravarino ed è proprio quello che sono andata a visitare.
Ad accogliermi la signora Cristina Galli responsabile del controllo qualità, una donna “tosta” che trasudava amore per il suo lavoro da tutti i pori e che voleva fucilarmi per aver dimenticato di togliere gli orecchini (per la visita mi sono dovuta imbragare con camice cuffietta e sovrascarpe, togliere anelli bracciali e collane e trattenere il fiato per tutto il tragitto… no quello non è vero mi hanno concesso di respirare 😉 ).
Bardata come per entrare in sala parto comincio la visita. Si parte dalla sala per la preparazione del ripieno. Gli ambienti di lavorazione sono tutti rigorosamente separati tra di loro. In un enorme cutter (una sorta di gigantesca impastatrice tritatutto) stavano preparando il ripieno per i tortellini tradizionali.
C’era un profumo di prosciutto mortadella e parmigiano incredibile ed io ho cominciato a fissare con aria bramosa la macchina (se il cibo chiama c’è poco da fare). Quando l’operaio ha cominciato a svuotare il cutter perchè il ripieno era pronto ho sognato di allungare la mano per rubarne una manciata… la signora Cristina deve avere chiaramente poteri di lettura nel pensiero perchè in quell’istante mi sono beccata un’occhiataccia che ha bloccato le mie fantasticherie 😛
Il prosciutto viene macinato in fabbrica. In una stanza lì di fianco c’era un mastodontico tritacarne che io mi sono affrettata a fotografare (la foto non mi piace nemmeno e infatti non la pubblico).
Peccato che si sia chiusa la porta automatica dietro di me e che io sia rimasta bloccata. E’ dovuta intervenire la signora Cristina per liberarmi e vi lascio immaginare il suo imbarazzato disappunto di fronte al mio fare indisciplinato!
Passaggio successivo la sala in cui vengono materialmente fatti i tortellini. Qui il procedimento è completamente automatizzato, l’intervento umano è di semplice controllo.
L‘impastatrice richiama da sola la farina (che arriva direttamente dagli enormi silos dove è stipata) e le uova pastorizzate (a loro volta conservate in un’apposita cella frigorifero). Quando le macchine sfogliatrici necessitano di nuovo impasto mandano un imput e dei carrellini chiusi ermeticamente trasportano la pasta sino a loro.
A questo punto le macchine tirano la sfoglia e poi formano i tortellini.
L’intervento umano consiste nell’aggiunta progressiva del ripieno in un apposito contenitore e nel controllo della forma regolare dei tortellini per poter scartare quelli venuti male.
La meraviglia di tutta questa efficiente meccanica (non sono abituata ad andare in fabbrica ed a vedere procedimenti industriali) mi ha portato a sognare la presenza di simpatici omini Humpa Lumpa all’interno di tutti i macchinari. Ovviamente questo pensiero l’ho tenuto per me, non volevo attirare ulteriormente l’attenzione della signora Cristina sulle mie divagazioni…
Che spettacolo tutti quei meravigliosi tortellini!
I tortellini ormai pronti arrivano nella sala della pastorizzazione. E sì perchè si tratta di pasta fresca ma destinata a durare per 60 giorni e perchè questo possa avvenire è necessaria una pastorizzazione che uccida tutti i batteri. I tortellini passano quindi in un macchinario apposito che attraverso vapore ed aria calda opera una sorta di precottura portando la temperatura al cuore del tortellino a 75° per 30 secondi.
Finalmente i tortellini arrivano nella sala del confezionamento. L’aria al suo interno è depurata, ragion per cui la signora Cristina ha proibito l’accesso (ed ha fatto bene sono effettivamente troppo indisciplinata…). Dal vetro esterno ho però visto un altro prodigio (lo so sembro appena uscita fuori dal Medioevo, ma abbiate pazienza con me). Per evitare contaminazioni di sorta le vaschette che contengono i tortellini non vengono acquistate già pronte. L’azienda compra una plastica speciale e poi c’è un macchinario che forma le vaschette sul momento. Che volete farci a me tutta questa precisione incanta (sarà che io non sono precisa per nulla). I tortellini vengono messi sotto vuoto nelle loro vaschette nuove di zecca e poi spediti nella sala imballaggio (dove la signora Cristina ha ritenuto potessi entrare, ormai erano ben pochi i potenziali danni che potevo fare).
Prima di venire inscatolati i tortellini passano sotto un metal detector che ha la funzione di rilevare anche il più piccolo frammento di metallo (anche se con tutta questa precisione credo sia impossibile che un pezzetto di metallo arrivi sino a lì).
Amo molto la pasta fresca e mi piace prepararla in casa. Però, lo sapete benissimo, non sono una persona intransigente. E’ chiaro che preparare la pasta fresca in casa richiede tempo e fatica e non sempre il tempo e le forze ci sono. Quindi non ho mai disdegnato l’acquisto di un prodotto industriale, purchè di buona qualità.
Ora posso a ragion veduta esprimere un giudizio molto positivo nei confronti dei prodotti FINI. In primo luogo per l’accuratezze del procedimento produttivo che assicura un risultato garantito al 100%.
Poi perchè ci sono tante note positive nelle materie prime usate.
Ad esempio solo farina italiana.
L’assenza di margarina ed olio di palma. Non sapevo che la margarina in passato era l’ingrediente normalmente utilizzato per addensare i ripieni. Oggi è stata sostituita da un mix di fibre e olio di semi che impastati insieme fungono da addensanti.
L’accurata scelta dei fornitori (ne è responsabile anche la signora Cristina che è garanzia di qualità doppia!)
Insomma come sempre per me ciò che conta è un consumo consapevole e responsabile!
Concludo lasciandovi un piccolo video della mia esperienza. Mi si vede con la macchina fotografica… come sempre 😛
Testi ed immagini sono protetti dalla legge sul diritto d’autore n. 633/1941 e successive modifiche.
Copyright 2011-2016© Daniela Vietri – All Rights Reserved