Tre piani

Avevo letto recensioni entusiaste di Tre piani di Eshkol Nevo e ora ne sono entusiasta anche io.

tre piani

Tre piani: la trama

Ci troviamo in palazzo residenziale a Tel Aviv ed in ognuno dei tre piani che lo compongono vive una famiglia con una storia tormentata.

Al primo piano c’è Arnon che reagisce in modo imprevedibile e poco razionale ad una spiacevole disavventura della figlioletta Ofri.

Al secondo piano Hani fa i conti con le difficoltà della maternità e la perdita della propria indipedenza di donna.

Al terzo piano il giudice in pensione Dvar si trova invece a vivere il lutto per la morte del marito e ad affrontare l’abbandono da parte del figlio avvenuto anni prima.

Recensione

Pensando a Tre piani il primo aggettivo che mi viene in mente in maniera istintiva è viscerale.

Tale è l’intensità dei sentimenti provati dai protagonisti nell’affrontare le difficoltà che la vita gli mette davanti.

Le tre storie hanno però in comune solo questa intensità perchè poi in ognuna di esse il sentimento che investe il protagonista è di natura diversa.

L’autore ha costruito il romanzo con l’idea di rappresentare in ciascun piano le tre diverse istanze freudiane Es, Io, Super-io. Questa premessa poteva rivelarsi negativa poichè nel tentativo di mettere in scena il pensiero di Freud Nevo avrebbe potuto perdere di vista l’essenza del romanzo.

Al contrario questa scelta si è rivelata un ottima fonte di ispirazione declinata poi con personaggi vividi e realistici che riescono a farti vivere in maniera empatica il disagio che attraversano.

Personalmente ho apprezzato soprattutto la prima storia, quella che dovrebbe rappresentare l’ES, che possiamo definire (semplificandola all’estremo) la parte istintiva ed animale dell’essere umano. Il protagonista Arnon diventa progressivamente preda dei suoi istinti più bassi. Non si tratta di un cambiamento improvviso. Il brutto episodio capitato alla figlia scatena qualcosa che era già presente in lui e che l’autore ci aveva fatto intravedere sotto la calma apparente della quotidianità dell’uomo. Nievo ci fa vivere prima un senso di istintiva repulsione nei confronti di Arnon e poi ci conduce lentamente verso l’orrore che si finisce per provare nei suoi confronti.

Al secondo piano troviamo il tema dell’alienazione conseguente alla maternità che per quanto ben trattato risulta un tantino trito e ritrito ed ammetto che Nevo non riesca di apportare nulla di innovativo o particolarmente interessante a storie di questo tipo già lette (ne approfitto per indicarvi un romanzo che tratta lo stesso tema in una chiave decisamente interessante Quello che non sai di Susy Galluzzo).

Molto più interessante l’ultimo racconto che ci mostra le conseguenze di una vita condotta secondo i canoni della rigidità morale che non apre le porte all’amore o anche alle semplice comprensione del diverso.

Altro romanzo di Eshkol Neco che decisamente merita di essere letto è L’ultima intervista.

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